Nella mitologia greca, le tre Moire (o Parche) erano responsabili della recisione del filo della vita. Cloto tesseva il filo, Lachesi lo misurava e infine Atropo, la più spietata delle tre, lo recideva.
Il numero tre ricorre sempre nella dimensione femminile arcaica, e come altre volte ci è capitato di menzionare, esso rispecchia le tre fasi lunari: luna nuova, piena e calante corrispondono rispettivamente alla dea vergine di primavera, alla dea fertile dell’estate e alla dea sfiorente e anziana dell’autunno.
Ritornando però alla metafora del filo, possiamo sostanzialmente incontrare tre fasi durante lo svolgimento di una vita umana: Cloto la tessitrice è di fatto la spinta creativa e fertile dell’età più giovanile, quando la vita emerge dal fuso e inizia ad allungarsi; Lachesi la misuratrice rappresenta il peso dell’età più matura, gli anni delle passioni controllate; e infine Atropo è “colei che non si può evitare”, dunque colei che prima o poi inesorabilmente giunge ad interrompere l’appartenenza dell’individuo al mondo.
Non sorprende infatti che secondo una versione del mito, le tre Moire sarebbero nate per partenogenesi dalla dea Necessità, la nostra celebre Ananke alle cui regole di vita e di morte persino gli déi tutti devono ubbidire.
Il senso che sta dunque dietro alla scansione ciclica, nel mondo greco non si sottrae al grande mistero filosofico dell’emersione nella vita e della scomparsa nella morte degli enti di natura: essi sembrano provenire dal Nulla e andare nel Nulla, attraversando quell’orizzonte degli eventi che è la realtà diveniente.
Ma se allora tutti gli elementi di Natura vanno e vengono, insomma se si alternano ciclicamente entro le rigide leggi del cosmo, perché mai per l’uomo dovrebbe esser diverso?
E infatti l’ineluttabilità dell’umano cadere nel Nulla è proprio scandito da una interruzione: il filo della vita viene reciso. Non si realizza dunque alcun tipo di compimento, non vi è alcuna forma di speranza ultraterrena, non vi è desiderio di sopravvivere alla vita dell’universo. Sentire di aver fatto parte di quella realtà diveniente rende la morte dignitosa. Ogni uomo fa insomma il proprio corso.
Di certo risulta interessante approfondire questa dimensione spiccatamente greca, poiché l’uomo moderno non sembra andar d’accordo con la morte. Non sembra voler prendere sul serio la domanda angosciante sulla sua incomprensibile sparizione dalla scena.
L’uomo moderno vuole durare, ma soprattutto desidera che la sua immagine gli sopravviva.
Più avanti parleremo del significato delle icone e di come il concetto di immagine permanente del soggetto in realtà si separi dal suo naturale invecchiamento.
Simone
[Ho parlato per la prima volta delle tre fasi della vita in questo articolo: Il tempo ciclico – Dea Madre
Ho parlato di Necessità in questo articolo: Il tempo lineare – Tradizione giudaico/cristiana]