Il fuoco – Prometeo

Prometeo e il fuoco
Prometheus als Feuerbringer auf einem Gemälde -Heinrich Friedrich Füger, 1817

Parlando dell’origine del linguaggio, per il momento abbiamo provato a ipotizzare da un punto di vista storico-evolutivo, come la tecnica possa essersi generata.

Nulla però è stato ancora detto sull’origine mitica che la cultura greca le attribuisce.
Protagonisti allora di una fra le molteplici versioni del racconto sono due fratelli, appartenenti alla dinastia dei titani (attorno alla quale abbiamo già speso numerose parole): Epimeteo e Prometeo.

Ad Epimeteo (letteralmente: colui che vede dopo), Zeus chiede di distribuire le diverse virtù e qualità agli esseri viventi presenti sulla Terra. Lasciati tuttavia gli uomini per ultimi, Epimeteo si ritrova a non possedere alcun dono da consegnare all’umanità.

Già a questo punto, possiamo concederci una breve riflessione sulle differenze di natura fra animali e uomini.

Per i greci, laddove gli animali sono perfettamente allineati alle leggi di natura e sono dunque adatti al mondo naturale, l’uomo risulta invece sprovvisto di caratteri che gli concedano di vivere secondo natura. Egli è infatti debole e inadeguato.

Se ci pensiamo un attimo, questa visione è molto attuale. Ad esempio: se ci capita di aver fame, noi apriamo un frigorifero. Se esso risulta sprovvisto di viveri, allora ci rechiamo al primo supermercato disponibile.
Di certo non esploriamo una foresta alla ricerca di prede oppure non andiamo a raccogliere delle verdure o della frutta nel sottobosco o nei campi.

È doloroso riconoscerlo, ma non saremmo capaci di provvedere al nostro fabbisogno giornaliero in quel modo. In breve tempo, se l’umanità si ritrovasse all’improvviso obbligata ad un ritorno forzato al sistema di natura, soccomberebbe.

Risalendo al mito, questo è il motivo per il quale l’uomo deve emergere dalla natura, fornirsi dello strumento. In effetti, Prometeo (letteralmente: colui che vede prima) decide di rubare il fuoco divino della conoscenza, dotando dunque l’uomo della tecnica.

Ecco, è forse in questo momento che emerge il primo vero conflitto fra la Necessità (della quale già abbiam detto qualcosa) e la Tecnica. La Necessità (o Ananke) è infatti ancora questo senso di necessaria ineluttabilità di tutte le cose del Cosmo, al quale l’uomo (e Prometeo) credono di potersi sottrarre, per mezzo della tecnica.

Questa interessante sfida antropocentrica al ripetersi ciclico del mondo ha però esiti nefasti. Prometeo viene infatti punito da Zeus e incatenato sulle rupi della Scizia.

Sebbene dunque la tecnica, all’interno dei confini della verità sul mondo, non possa effettivamente salvare l’uomo (cioè Prometeo) dal suo destino, allo stesso tempo l’atto di contravvenire alle leggi divine, è per la prima volta una concreta messa in discussione di tali leggi. E dunque della verità stessa del racconto mitico.

Pertanto già la cultura greca, a partire dal Prometeo incatenato di Eschilo, comincia a considerare l’uomo (seppur nei confini della sua appartenenza alla necessità cosmica delle cose) quale soggetto in grado di ricercare una verità che sia svincolata dai limiti mitici: una verità appunto filosofica.

L’uomo inizia ad intraprendere quel viaggio che vede come principio l’amore per il sapere.

[Per le fonti, è possibile rifarsi a La filosofia antica e medioevale di Emanuele Severino, BUR Rizzoli.
Per la lettura integrale del Prometeo incatenato: Il teatro greco – Tragedie, BUR Rizzoli.

Ho parlato dell’origine del linguaggio in questo articolo: L’uomo e la storia – La nascita del linguaggio

Ho parlato per la prima volta di Titani (ovvero delle sette potenze planetarie) in questo articolo: Gli astri erranti – Eurinome

Ho parlato della Necessità in questo articolo: Il tempo lineare – Tradizione giudaico/cristiana]

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