Calvino incontra Pavese: l’arte di vedere dall’alto

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Perseo con la testa di Medusa (Dettaglio) – Benvenuto Cellini, 1545-1554

Leggendo le Lezioni americane*1 ci si imbatte in una definizione di Leggerezza che non sembra volersi contrapporre a quella di Pesantezza.
Calvino infatti non tratta queste caratteristiche come se fossero mere specificazioni del peso degli oggetti: dalle sue parole non traspare un intento puramente materico o scientista.

Piuttosto: leggero è ciò che calando dall’alto non rovina a terra, ma abilmente si mantiene ad agile distanza dal suolo, planando.

Allora, a calare dall’alto non sembra essere un elemento del mondo carico delle sue proprietà fisiche, bensì uno sguardo sul reale.

La leggerezza materiale si trasforma in eterea sospensione, in fluttuazione indeterminata e quasi inconsistente. A rendere l’idea di questo mancato contatto col suolo sono i diversi esempi che Calvino ci porta: la testa mozzata di Medusa, la quale per quanto mostruosa e dunque greve – pesante –, si fa subito corruttibile e delicata, – leggera – al contatto morbido col letto di foglie che la mantiene separata (sollevata) dal ruvido suolo; la precarietà delle cose del mondo dettata dalla casuale combinatoria degli elementi, che dimostra quanto poco sarebbe bastato perché le cose del mondo come le conosciamo – incluso l’uomo – non si formassero affatto, ed altre venissero generate al posto loro. Per arrivare dunque ad approfondire l’aspetto pulviscolare di una realtà atomica, sottolineando come una certa infinitesimalità e interscambiabilità microscopica all’essenza rischino di vaporizzare concetti quali solidità, stabilità e permanenza, ridonando al mondo una leggerezza fluida, dinamica. Una nube di particelle oscillanti intente in continue permutazioni.

Ora, da queste straordinarie osservazioni potremmo riemergere un poco confusi: in definitiva, il mondo è per lo più pesante, ossia madido di cieca disperazione – come sempre più frequentemente ci capita di pensare –, oppure è davvero leggero, quasi sospeso su un altro mondo?

Con nostra non poca sorpresa, appunta Pavese il 4 maggio 1939: Fare qualcosa che non sia scopo a se stesso (come invece soffrire o godere) ma rivolto a un’opera, dà la serenità perché interrompe la noia senza impegnarci nella catena subìta di sensazioni e sentimenti, e permettendoci invece di vedere dall’alto (serenità) un organismo che accetta leggi da noi (la nostra opera).*2

Pavese scrive, per ben due volte, la parola serenità. Che detta da uno come lui, va proprio presa sul serio.

Com’è allora sto nostro dannato mondo? Greve o leggero?
Di certo, nessuno dei due.

Il mondo non è altro che la miglior opera d’arte nella quale ci riesca di trasformarlo durante il corso di una vita. Come dichiara espressamente Pavese e come lasciano trasparire le illustrazioni calviniane, il mondo vero non è altro che la percezione che il singolo uomo vuole avere di esso.

In questa nuova luce, obiettivo universale dell’artista è dunque quello di ottenere pieno possesso della propria percezione del mondo, così da dominarlo, ossia da renderlo vero secondo le sue leggi. In questo senso, la leggerezza e la serenità sono stati d’animo dell’osservatore e non proprietà dell’osservato (ossia del mondo).
Sono io artista ad essere leggero e sereno, sono io a veleggiare sul mondo, abbracciandolo entro spire proprie della mia volontà creatrice.

Tutto questo chiaramente non significa scadere in un dominio carnale e possessivo sul creato. Qui non si parla affatto di soprusi e prepotenze.

Si parla di avere piena coscienza della propria percezione del mondo: nel caso di uno scrittore, egli è un bravo artista se le sue parole fanno il mondo. Se attraverso le proprie parole riesce a padroneggiare con sicurezza la propria percezione del mondo: se riesce insomma a renderlo la sua più sublime opera d’arte.

Per comprendere a fondo questi concetti, consiglio a tutti di fare un bel lancio col paracadute. Superata l’estasi del volo in picchiata, che tra l’altro si esaurisce in una manciata di secondi, il grosso della questione si spalanca proprio su quel “planare dall’alto”: si fa cioè esperienza di non saper più toccare il suolo.

[Ho parlato per la prima volta di Italo Calvino in questo articolo: 9. La metanarrazione – Italo Calvino
Ho parlato per la prima volta di Cesare Pavese in questo articolo: 1. Ripercorrere i propri miti – Cesare Pavese

*1 Leggerezza, da Lezioni americane di Italo Calvino.
*2 Il mestiere di vivere – Diario 1935-1950 di Cesare Pavese.]